Gli anziani in Europa sono più di 90 milioni e, negli ultimi 50 anni l’invecchiamento della popolazione italiana, è stato uno dei più rapidi tra i Paesi maggiormente sviluppati: si stima che, nel 2050, la quota di ultra65enni ammonterà al 35,9% della popolazione totale, con un’attesa di vita media pari a 82,5 anni (79,5 per gli uomini e 85,6 per le donne) (6).
Se da un lato l’aumento della longevità rappresenta indubbiamente una grande conquista, dall’altro pone una serie di interrogativi e, soprattutto, di necessità di programmazione e interventi che si configurano come una complessa, non più differibile, sfida globale. E’ questo il tema scelto da CSV Vicenza per il quinto appuntamento con la rubrica ‘CiSiVede in Rete’: mercoledì 3 aprile, con inizio alle 18.30, in diretta sul nostro canale YouTube, ne parleremo con Alberto Leoni, autore di una ricerca dal titolo ‘Gli anziani del 2050’, e Alberto Maistrello, presidente dell’ Associazione Volontari Assistenza Anziani.
Alberto Leoni
Un diversamente giovane alla soglia dei 70 anni, in buona salute grazie a Dio, arrivato qualche anno fa alla pensione. Ho fatto per molti anni lo psicologo clinico nella salute mentale e nelle dipendenze alla Ulss 4 Thiene Schio, nella quale ho messo solide radici, da buon conservatore…. E negli ultimi 17 anni di vita professionale, fino alla fine del 2016, sempre alla Ulss 4, ho diretto i servizi socio sanitari territoriali, tra i quali quelli rivolti agli anziani. Esperienza molto complicata ma che ha lasciato un segno profondo nella mia vita. Ho imparato una cosa: il sociale è un fattore non solo di aiuto alla persona, ma anche di sviluppo economico, non tanto un costo. Da pensionato ho presieduto di recente la Fondazione Bressan di Isola Vicentina, una Rsa con 130 posti per anziani non auto. Da 20 anni, troppi, faccio parte di una splendida Fondazione di Comunità Vicentina che sostiene iniziative del Terzo settore in ambito sociale.
Il titolo della nostra puntata prende spunto proprio da una ricerca svolta da lei sugli ‘Anziani del 2050’, come saranno questi anziani?
“Gli over 65, che oggi sono un quarto della popolazione, diventeranno più di un terzo: 20 milioni di persone, di cui oltre 4 milioni saranno ultra 85enni (i “grandi anziani”) Il rapporto tra giovani e anziani (sempre considerando la soglia dei 65 anni per l’ingresso nella età anziana…) sarà di 1 a 3 nel 2050, mentre la popolazione in età lavorativa scenderà in 30 anni dal 63,8% al 53,3% del totale. Previsto in crescita il numero di famiglie, ma con un numero medio di componenti sempre più piccolo. Meno coppie con figli, più coppie senza: entro il 2040 una famiglia su quattro sarà composta da una coppia con figli, più di una su cinque non avrà figli. Gli anziani del 2050 vivranno più da soli, soprattutto le donne, in gran parte per vedovanza. Mancherà o sarà molto ridotta la rete parentale, con riflessi significativi sul piano assistenziale… Ma la gran parte (stimata almeno il 70%) potrà vivere in uno stato di relativa autosufficienza e relativo benessere. Una risorsa più che un onere assistenziale. Gli anziani del 2050 saranno, mediamente, più istruiti rispetto agli attuali, almeno formalmente; avranno buone competenze informatiche e sapranno padroneggiare molti dei principali strumenti informatici che oggi solo una piccola parte di essi sa fare; conosceranno, sufficientemente, una o più lingue straniere. Avranno una visione più “allargata” dello spazio di vita, meno legata al proprio Comune. Saranno utilizzatori importanti di viaggi all’estero, non disdegneranno nemmeno permanenze anche prolungate in Paesi stranieri. Avranno anche una “cultura della salute”, presumibilmente, più strutturata su uno stile di vita sano. Molti di loro (molti più degli attuali ultrasettantacinquenni) vivranno soli, ma in buona autonomia, in alloggi costruiti o ristrutturati sulle loro esigenze, grazie alle innovazioni della domotica che sopperiranno all’inevitabile declino psicofisico. L’housing sociale diventerà una scelta di routine. Unirà privacy e bisogno di socialità, darà protezione e anche assistenza organizzata nei momenti di difficoltà. È bene iniziare già fin d’ora questa buona pratica, magari in forma sperimentale in ogni Comune. Il grande problema? Le pensioni di cui potranno fruire , sicuramente più basse rispetto alle attuali. Ma, in compenso, la generazione attuale degli anni 70 e 80 del 900, potrà ancora beneficiare dell’alto tasso di patrimonializzazione di cui parla Luca Ricolfi nel suo “La società signorile di massa”. Ci saranno, comunque, grandi differenze nella situazione degli anziani, non legata solo all’età, ma al sesso (la vecchiaia delle donne è diversa da quella degli uomini) alle condizioni socio economiche (diversa è la vecchiaia di chi è a basso reddito rispetto a chi non lo è), culturali (la vecchiaia di chi è prigioniero del “giovanilismo” o della “perdita di ruolo” è molto diversa da quella di chi accetta il fluire del tempo e plasma, su questo, interessi ed azioni), di salute (qui sta il differenziale maggiore, tra chi gode della completa autosufficienza e chi deve ricorrere all’assistenza di terzi)”.
Nuovi bisogni, numeri in crescita nell’ambito della non autosufficienza e reti famigliari sempre più deboli: come dovranno cambiare i modelli e l’organizzazione dei servizi per rispondere a queste esigenze?
“Oggi il 40% della popolazione, soprattutto anziana, soffre di una o più malattie cronico degenerative. È presumibile che da qui al 2050, grazie ad un serio lavoro di prevenzione, si possa ridurre questa percentuale per evitare che il numero complessivo dei pazienti anziani da curare diventi insostenibile per qualsiasi sistema sanitario. Sarà fondamentale un programma serio, diffuso, costante di educazione alla salute ed in particolare agli stili di vita sani a partire dalle giovani generazioni per toccare gli attuali adulti. Un maggior grado di educazione comporta importanti ricadute sullo stato di salute e dunque è prevedibile che si possa, con questa strategia, ridurre l’incremento proporzionale delle malattie croniche e possano aumentare gli anni spesi in buona salute. La vera priorità sta della rete territoriale socio sanitaria, in grado di curare a casa le situazioni di malattia non acute. Già nei prossimi anni, ma il fenomeno si intensificherà nel periodo che ci separa al 2050, il fulcro del sistema sarà la medicina di comunità, basata sul medico di base, sull’infermiere di comunità, sulla stessa assistente sociale, con la supervisione degli specialisti in caso di situazioni più complesse. La telemedicina sarà uno strumento essenziale nel rapporto tra operatori sanitari e pazienti soprattutto anziani, ma anche nuove modalità di intervento socio assistenziale come il cohousing intergenerazionale (con la supervisione e/o intervento per alcune ore al giorno) di operatori; domiciliarità, garantita da assistenti domiciliari formate; attivazione di una Rete di Centri Diurni diffusi, aperti 365 giorni, con orari flessibili (sono il più grande sostegno alla domiciliarità!); riqualificazione delle Rsa attuali; Introduzione del metodo Gentle Care in tutte le strutture che ospitano anziani. Sarà, Inoltre, sempre più necessario adeguare il Fondo non autosufficienza”.
Alberto Maistrello
Dopo una carriera soprattutto nel settore HR presso un grande gruppo bancario, la mia nuova vita professionale è continuata nel volontariato (presidente dal 2008 dell’Associazione Volontari Assistenza Anziani odv) Tuttora in carica. Dal 2013 al 2018 sono stato presidente della Consulta degli Anziani del Comune di Vicenza. Sempre in quel periodo ho operato come volontario in Astertre Onlus, per fornire assistenza ai giovani delle scuole medie. In quegli anni ho ideato e condotto conferenze e concerti per il festival Biblico, nella chiesa di san Giuliano. Dal 2016 sono amministratore, docente e Operatore del Mercato del Lavoro presso Studio Centro Personale e traduzioni srl; svolgo attività di coaching come orientatore e di counseling sul comportamento organizzativo e sulla comunicazione. Partecipo come consulente senior a progetti europei, come collaboratore del partner italiano CPZ Consulenza direzionale: fra i più importanti ci sono DIGI AGEING, che ha curato la messa a punto di uno strumento per combattere la solitudine delle persone anziane, DIGI WOMEN, che ha prodotto un percorso di formazione per l’inserimento lavorativo delle donne, soprattutto di quelle in difficoltà. Un progetto con l’università UMIT di Hall in Tirol, CARE CASE MANAGER, orientato a progettare percorsi diversificati di assistenza, soprattutto domiciliare, per gli anziani. Svolgo anche attività come coordinatore di un Caf e presidente ed amministratore di enti di volontariato. Da luglio 2023 sono entrato nel consiglio del CSV. Da gennaio 2024 sono stato nominato membro esterno della Commissione Etica per la Cura Medica dell’Ulss8 Berica. Tutte queste attività sono intervallate dalle responsabilità di nonno, verso tre nipoti.
Di che cosa si occupa l’Associazione di cui è presidente?
“L’Associazione, nata nel 1998, ha lo scopo di assistere gli anziani, ricoverati presso le strutture dell’Ipab di Vicenza in particolare. L’attività può essere estesa anche ad altri enti. Ogni anno organizziamo una festa del gelato, che non è una festa alimentare, ma un modo di far sentire agli operatori, agli ospiti, ai loro familiari la presenza della società civile. Inoltre aiutiamo le educatrici nelle uscite e nelle attività nei reparti. Alcuni di noi danno supporto spirituale leggendo libri laici, oppure assistendo i religiosi nelle attività festive e settimanali. Guidiamo i mezzi per portare gli ospiti o presso le loro famiglie o per fare visite mediche. Organizziamo concerti ed altre attività formative”.
Nella vostra esperienza quotidiana, quali sono le criticità che rilevate rispetto ai servizi sul territorio, quali le esigenze di anziani e famiglie?
“Seguire un anziano con fragilità è un grosso problema per le famiglie attuali. È un tema che frequentemente viene chiesto nel welfare aziendale, ma che trova scarse risposte. È lo stesso problema che hanno le mamme single. Non ci sono servizi che permettono la presenza al lavoro e l’assistenza o al figlio o al genitore che ne hanno bisogno.
Telemedicina e protesi o robot che aiutino a superare le invalidità, di manualità, mobilità ed udito sono altri temi. Strumenti che aiutino i caregiver a gestire situazioni di fragilità. Un caregiver senza un metodo, rischia il collasso fisico e psichico.
Esiste il problema delle rette. I trasferimenti dal pubblico sono sempre più limitati. La retta piena è di 3000 euro mensili circa. Si abbassa se c’è il contributo della regione per 52 euro giornalieri, circa 1500 euro. Ma la gravità accertata che dà diritto al contributo è sempre più elevata. Per contro i lavoratori che hanno contatto giornaliero sono pagati 1000 euro circa. Fra i 3000 del ser4vizio che uno si aspetterebbe, ed i 1000 del servizio che riceve ci sono 2000 euro di gap. Allora occorre secondo me ripensare il modello. Ma non è una cosa semplice. Alcune indicazioni sono venute in un libro di papa Francesco, che ha rivolto 18 lezioni all’anziano, interpretando le sacre scritture e contestualizzando l’insegnamento (scolastica). Altro punto di interesse per il cambiamento è la nuova legge sull’invalidità, detta legge Paglia, che è attualmente un DDL. La parte finale del progetto, che gli estensori stessi definiscono ambizioso, richiama per l’attuazione alla contrattazione nazionale (CCNL) ed alle Società di Mutuo Soccorso per coprire i costi del long term care.
Ma il problema è di attribuire un ruolo all’anziano che, come i giovani, in questa società fa fatica ad essere riconosciuto e valutato per l’effettivo contributo che può dare. Un precedente sindaco di Vicenza, Achille Variati, chiudendo un convegno dove il prof. Trabucchi aveva chiesto una città sicura per far fare moto agli anziani, diceva che sognava una città a misura di bambino e di anziano. Era il 2010…”.