2023 Eventi

Terzo incontro – mercoledì 1 marzo – I nuovi vulnerabili

L’attualità della tematica del terzo incontro è palese e drammatica. Il Rapporto 2022 di Caritas nazionale su povertà ed esclusione sociale in Italia (21esima edizione), si colloca, come si legge nello stesso documento, all’interno di una particolare congiuntura storico-sociale. Da un lato il venir meno di un’emergenza pandemica che ha però ribaltato molti equilibri, dall’altro lato la guerra in Ucraina che ha prodotto una situazione di emergenza nel continente europeo.

Da qui una serie di conseguenze misurabili non solamente sul piano umanitario, ma anche su quello del tenore di vita e delle condizioni socio-economiche delle famiglie nel nostro Paese.

C’è un’espressione che sintetizza questo quadro: i nuovi vulnerabili. Ne parliamo nel blog e nell’incontro online di Ci Si Vede in Rete di mercoledì 1 marzo con il Direttore di Caritas Diocesana Vicentina, don Enrico Pajarin e con il Psicosociologo Gino Mazzoli.


Don Enrico PajarinDON ENRICO PAJARIN

Dal 1979, anno di nascita, ad oggi, ne ha percorsa di strada Enrico Pajarin. Entrato giovanissimo nel Seminario vescovile di Vicenza, ha ottenuto nel 2004 il Baccalaureato in Teologia presso lo Studio Teologico affiliato all’Istituto Teologico dell’Italia settentrionale, ricevendo l’ordinazione presbiterale nello stesso anno.

Ha svolto il ministero sacerdotale in diverse parrocchie dal 2004 ad oggi, è stato insegnante di religione e Membro effettivo del Comitato di Sorveglianza per i Fondi Europei per lo sviluppo regionale (FESR) 2014-2020 della Regione Veneto da dicembre 2018, e Revisore dell’Istituto Diocesano Sostentamento Clero di Vicenza nel quinquennio 2016-2020. Attualmente conta, all’attivo, i seguenti ruoli, tra gli altri: quello di Direttore della Caritas Diocesana Vicentina, di Coordinatore delle Caritas diocesane del Veneto, di Referente di Delegazione delle 15 Caritas Nord-est per l’area promozione umana.

Don Enrico, a livello locale, quali nuove vulnerabilità avete intercettato?

Caritas Diocesana Vicentina, nel 2022 da poco terminato, ha notato un aumento delle criticità legate all’inserimento (e re-inserimento) nel mondo del lavoro, all’accesso ai beni alimentari ed essenziali, al pagamento delle bollette o le rate dell’affitto. Di conseguenza vi è anche un acuirsi dei problemi abitativi. La richiesta di aiuti, infatti, ha registrato un più 7% rispetto al già difficile panorama del 2021, quando si stima che Caritas abbia sostenuto, nel territorio diocesano e in diverse forme, circa 25.000 persone. Stiamo dunque assistendo agli effetti dell’onda lunga della pandemia, cui si sono aggiunte la guerra in Ucraina e la crisi energetica. Significa che l’emergenza socio-economica nata con il Covid-19 si è dilatata nel tempo e colpisce persone e famiglie che fino ad oggi erano in qualche modo riuscite ad evitare gli effetti più negativi. 

Le nuove richieste provengono soprattutto da ceti che, prima di questa tempesta perfetta, erano autonomi e ora stanno soffrendo per una condizione di forte precarietà. Un dato emblematico è il raddoppio, nell’arco di un anno, delle persone incontrate dal nostro servizio ‘Tirocini e lavoro’. Significa che i poveri sono alla ricerca di un’occupazione ma, a causa del divario tra competenze acquisite del candidato e competenze richieste dalle aziende, la sottoscrizione di un contratto non si realizza facilmente, richiedendo formazione continua.

Inoltre, anche nella nostra diocesi si registrano numerosi casi di povertà familiare cronica, ossia che si trascina da più generazioni: è quello che Caritas Italiana chiama il fenomeno dei pavimenti appiccicosi, che è molto diffuso e consolidato in tutto il territorio nazionale.

Insomma, stanno aumentando le disuguaglianze sociali e la povertà. Chi era già sulla soglia di povertà sta sprofondando nell’indigenza assoluta; chi rientrava nel cosiddetto “ceto medio” vede aumentare il rischio di conoscere per la prima volta l’esclusione sociale.

I nuovi poveri sono italiani e stranieri, giovani adulti, ma anche anziani soli, famiglie con minori, nuclei con disabili. Persone che, prima dell’emergenza, potevano contare su un impiego precario o stagionale e che oggi non hanno più un reddito. E poi piccoli commercianti, lavoratori autonomi o persone già da tempo disoccupate.

Qual è il ruolo di Caritas all’interno di questo scenario? Quali le aspettative e quali le reali condizioni?

Caritas Diocesana Vicentina è attiva nel contrasto alle nuove povertà attraverso diversi servizi. Partiamo da quelli dedicati alle persone senza dimora, ed in stato di grave marginalità, come il ricovero notturno di Casa San Martino e la mensa di Casa Santa Lucia, per passare ai servizi di Housing Sociale per chi vive una temporanea emergenza abitativa. A Parco Città a Vicenza è attivo l’emporio solidale Caritas, che aiuta con alimenti e beni di prima necessità le famiglie in situazione di indigenza. E poi ricordiamo gli sportelli del servizio S.T.R.A.D.E. presenti sul territorio diocesano, che aiutano le persone a superare le situazioni di precarietà economica. Per quel che riguarda il servizio “Tirocini e lavoro”, grazie all’ass. Diakonia viene offerto alle persone disoccupate un percorso di rafforzamento delle competenze e avviate azioni che mirano a facilitare l’inserimento lavorativo, facendo incontrare le disponibilità con le richieste di manodopera da parte delle aziende del territorio.

Dalle richieste di aiuto che pervengono, si nota che Caritas Diocesana Vicentina continua ad essere un punto di riferimento autorevole, sul quale le persone ripongono la loro fiducia. Ma è necessario ricordare che i nostri servizi sono fondati sulla relazione tra persone, e riescono ad operare così efficacemente grazie alla straordinaria dedizione dei nostri 2500 volontari, che mettono a disposizione dei poveri il loro tempo e le loro competenze. Il contesto sociale è quindi sì difficile, ma grazie ai nostri operatori, ai volontari e alle donazioni che riceviamo da privati ed aziende riusciamo a dare risposte il più possibile adeguate alle situazioni di difficoltà che siamo chiamati ad affrontare.


GINO MAZZOLI

GINO MAZZOLI

Psicosociologo, si occupa da 30 anni di consulenza strategica per i servizi di welfare del pubblico e del terzo settore attraverso studio Praxis, concentrandosi in modo particolare sulle criticità del ceto medio impoverito e sulle risposte che le comunità possono allestire per farvi fronte. Insegna alla facoltà di psicologia dell’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Il 30% degli italiani che risiedono nel Nord Italia fatica ad arrivare a fine mese. Da cosa si è documentato e cosa le dice questo dato? Cosa trova di sorprendente tra i dati? Quali sono le variabili?

È in atto un gigantesco smottamento tellurico avvenuto in Occidente tra la fine del secondo millennio e l’inizio del terzo: l’esplosione dell’impoverimento del ceto medio a causa di un mix fatto di evaporazione di reti familiari e sociali, spinta bulimica alla collezione inesausta di beni ed esperienze, conseguente diminuzione delle disponibilità economiche. In questo contesto anche eventi che fanno ormai parte della naturalità dello svolgimento di una vita (separazioni, demenza dei genitori, perdita temporanea del lavoro) mettono persone e famiglie che non avevano mai conosciuto difficoltà nell’arrivare a fine mese, sul piano inclinato dell’impoverimento anche quando sono sopra la soglia ISEE, perché il capitale cruciale per la tenuta è costituito soprattutto dalle reti che aiutano a rielaborare le difficoltà e offrono opportunità. Se questa dotazione scarseggia, la situazione si fa critica, spesso insostenibile più sul piano psicologico che su quello economico. L’impoverimento del ceto medio (30% delle famiglie nel nord Italia, 60% su scala nazionale secondo Università Bicocca, Banca d’Italia ed EURISPES) se, dapprima, è stato vissuto dai protagonisti con vergogna, dovuta alla sensazione di non sentirsi all’altezza delle prestazioni richieste da questo mondo con l’asticella sempre troppo alta, dopo la crisi del 2008, col peggioramento diffuso delle condizioni economiche e l’aumento della precarietà lavorativa, è diventato risentimento, anche perché confrontato con l’altro grande smottamento tellurico avvenuto in questo stesso periodo: il fenomeno migratorio, vissuto come minaccia. Il neo-vulnerabile sembra rivolgersi allo Stato dicendogli: “Ma come? mi avevi promesso un progresso illimitato, ho pagato le tasse perché tu ti prendessi cura dei più poveri, ho tirato la cinghia perché tornassimo ai fasti pre-2008, e adesso che ho bisogno io, non mi vedi e ti occupi di quelli là che arrivano col barcone a rubarci il lavoro?”.

Abbiamo assistito a uno slancio di solidarietà in epoca pandemica, ma adesso pare stiano riaffiorando sentimenti e atteggiamenti di discriminazione e di intolleranza verso coloro che vivono situazioni di fragilità ed esclusione delle quali, il più delle volte, non sono oggettivamente responsabili. Da tempo le scienze sociali segnalano l’insorgere di sentimenti di aporofobia, la paura per la povertà o per i poveri. Come può essere interpretata? Perché i poveri ci fanno paura?

Il fastidio per i poveri è dovuto innanzitutto dalla sensazione di precarietà a cui si sentono esposti anche quelli che hanno una vita dignitosa sul piano economico. Se ti senti precario chiunque circoli intorno a te viene vissuto come una minaccia. L’irresistibile discesa del ceto medio non avviene solo in Italia, ma in tutto l’Occidente. È un processo di progressiva marginalizzazione dell’Occidente e della razza bianca. Non è rielaborabile con qualche discorsetto e, purtroppo, le narrazioni che circolano continuano a brandire ritornelli bolsi del tipo “andrà tutto bene”, “è colpa di quelli che arrivano col barcone”. Chi ha il posto fisso guarda l’altro col coltello tra i denti perché, anche se ha un buon reddito, corre come un matto per mantenere non solo un certo tenore di vita, ma anche per far studiare i figli all’università in un’altra città e per prendersi cura di genitori anziani con patologie serie. In una vita tutta di corsa, ossessionata dal controllo di ogni spiffero per timore che il castello di carta crolli, il povero è una pietra di inciampo, un fastidio, un produttore di senso di colpa. Tutto deve essere perfetto.

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