2023 Eventi

Quinto incontro – Mercoledì 5 aprile – Economia circolare: moda e Device elettronici

L’incontro numero cinque della terza edizione di Ci Si Vede in Rete è affidato all’ “Economia circolare: moda e Device elettronici”. E così si apre un mese, quello di aprile, dedicato alla sostenibilità e alla rigenerazione.

A parlarcene, con esempi concreti, mercoledì 5 aprile, nello “spazio aperitivo” dalle 18.30 alle 19.10, sui nostri canali social (pagina Facebook e canale YouTube del CSV di Vicenza) saranno Elena Ferrero, co-fondatrice e CEO di Atelier Riforma, SIAVS con la missione di ridurre l’impatto ambientale del settore moda attraverso l’economia circolare, ed Emma Togni, Chief Marketing Officer TechSoup Italia, prima piattaforma internazionale che aiuta le organizzazioni Non Profit di tutto il mondo ad intraprendere il proprio percorso di trasformazione digitale.


Elena FerreroELENA FERRERO

Elena è una giovane startupper a vocazione sociale, nata in Piemonte nel 1993. Ha una formazione interdisciplinare di base scientifica e diverse esperienze nel campo dell’innovazione sostenibile. È co-fondatrice e CEO di Atelier Riforma, SIAVS (Start up a vocazione sociale, ndr) con la missione di ridurre l’impatto ambientale del settore moda attraverso l’economia circolare.

La startup ha sviluppato e brevettato Re4Circular, una tecnologia volta a favorire l’indirizzamento dei rifiuti tessili verso modalità di recupero circolari, come il riuso, il riciclo e l’upcycling.

Nel vostro sito si legge (e i dati sono sotto gli occhi di tutti) che “l’industria della moda ha per decenni inquinato il pianeta producendo capi senza sosta, che ben presto si sono trasformati in montagne di rifiuti tessili. Re4Circular – piattaforma che mette in contatto le realtà di raccolta e smistamento indumenti usati con le realtà della moda che li necessitano come materia prima seconda per la rivendita, il riciclo e il riutilizzo – vuole essere la soluzione a questa sfida”. A che punto siete di questa sfida?

Siamo all’inizio, ma ben avviati verso la soluzione. All’inizio del nostro percorso (dal 2019 al 2021) ci siamo occupati di raccolta di indumenti usati e di upcycling sartoriale. Svolgendo questa attività, ci siamo resi conto di quanto sia cruciale il processo di smistamento dei rifiuti tessili e il loro efficiente indirizzamento verso destinazioni circolari. Ogni capo è infatti unico e i vari processi di recupero (riuso, riciclo,  upcycling…) sono adatti solo a specifiche tipologie di indumenti. Abbiamo quindi iniziato a parlare di queste sfide con esperti di Intelligenza Artificiale e prodotti digitali per trovare soluzioni per rendere più efficiente questo processo. È così che, dal 2021, abbiamo iniziato a progettare Re4Circular, realizzando piccole proof of concept (in italiano letteralmente “prova di concetto”, ha lo scopo di determinare la fattibilità dell’idea o di verificare che l’idea funzionerà come previsto, ndr) e collaborazioni per creare un MVP senza utilizzare fondi. Allo stesso tempo abbiamo continuato a fare ricerca per studiare le esigenze di tutti gli attori del settore.
Obiettivo finale? Una tecnologia di Intelligenza Artificiale che, a partire dalla semplice fotografia del capo e della sua etichetta, può estrarre tutti i dati necessari per il suo recupero (es. tipo di capo, composizione, genere, stagione, taglia, colore..). Questa tecnologia sarà fornita alle realtà che si occupano di raccogliere vestiti usati, in modo che possano utilizzarla per catalogare e “digitalizzare” ciò che raccolgono. Le immagini e i dati di tutti i capi così catalogati confluiranno direttamente sul marketplace digitale B2B di Re4Circular, attraverso il quale queste realtà potranno vendere all’ingrosso i loro capi a tutte quelle realtà della moda circolare che cercano capi usati per la propria attività (es. negozi dell’usato, aziende di riciclo, professionisti del refashioning, ecc). In questo modo, facciamo efficientemente incontrare domanda e offerta di rifiuti tessili, riducendo la quantità di capi che finisce nelle discariche e favorendo invece il loro utilizzo come risorsa circolare.
Nei primi mesi del 2022 abbiamo finalmente ottenuto piccoli investimenti con i quali abbiamo sviluppato il primo prototipo della piattaforma (in partnership con una tech company), ancora senza alcuna automazione. A settembre di quest’anno abbiamo ricevuto il nostro primo investimento un po’ più consistente da due business angel internazionali (focalizzati su progetti guidati da donne con un impatto positivo sull’ambiente), con cui abbiamo iniziato a sviluppare l’algoritmo di Intelligenza Artificiale e implementare le funzionalità della piattaforma. Ora stiamo catalogando manualmente migliaia di capi usati (quelli derivanti dalla nostra attività precedente) per addestrare l’intelligenza artificiale a farlo in automatico. A novembre di quest’anno abbiamo anche depositato la domanda di brevetto finale, a livello EU. Siamo ora in una fase cruciale: a inizio marzo verrà lanciata sul mercato la versione prototipo di Re4Circular (senza ancora l’IA). Speriamo la risposta del settore sia positiva, per ora l’interesse è incoraggiante! Noi siamo sicuri che potrà essere uno strumento utilissimo per incrementare la circolarità, l’efficienza e la trasparenza del settore.

Il vostro progetto sta contribuendo al raggiungimento di 3 goal dell’Agenda 2030 dell’Onu, argomento su cui il CSV di Vicenza sta dedicando, da 6 anni a questa parte una rassegna ad hoc. Di quali goal si tratta e come state lavorando?

Il goal dell’Agenda 2030 che è al centro della nostra attività è sicuramente il numero 12, “Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo”. L’obiettivo primario del nostro progetto è, infatti, promuovere l’utilizzo da parte dell’industria della moda del materiale tessile già esistente (rifiuti tessili) come materia prima seconda, evitando che vengano richieste nuove risorse naturali al Pianeta per la produzione di capi d’abbigliamento. Ciò rende il settore non solo più sostenibile, ma anche più resiliente alle sfide future di reperibilità delle risorse vergini (che in Italia scarseggiano “per natura”). Allo stesso tempo, il nostro progetto mira a diminuire la percentuale di indumenti dismessi che finisce in discarica o bruciata negli inceneritori, riducendo anche il rilascio di sostanze pericolose nell’ambiente e i conseguenti effetti negativi sulla salute umana e ambientale. Il nostro strumento, al contrario, fa sì che ogni capo raccolto venga attentamente classificato, al fine di incanalarlo verso la destinazione più sostenibile possibile (riutilizzo, riciclo o upcycling).
Altri due goal a cui tendiamo sono l’8 (“Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti”) e il 9 (“Costruire un’infrastruttura resiliente e promuovere l’innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile”).
Quello tessile è, infatti, un rifiuto molto complesso e le caratteristiche da individuare e trasmettere per permetterne il riciclo o il riutilizzo sono molte. Normalmente la selezione dei rifiuti tessili viene fatta a mano, con costi elevati e nessuna registrazione dei dati. La tecnologia che stiamo implementando permette di cambiare questo sistema: è innovativa ed improntata all’aumento dell’efficienza e della sostenibilità del settore, nonché a promuovere la valorizzazione economica dello scarto e il suo incanalamento verso impieghi sostenibili. È uno strumento tecnologico studiato per essere fornito al più elevato numero possibile di realtà, senza limiti geografici. Questa impostazione fa sì che l’impatto positivo di Re4Circular sia potenzialmente su scala globale.
Quella dei rifiuti tessili è, inoltre, una filiera lunghissima, globalizzata e con serie problematiche di trasparenza e di infiltrazioni della criminalità organizzata. La nostra soluzione digitalizza la filiera, la accorcia notevolmente e fa sì che ne venga garantita la trasparenza.
Le ripercussioni positive di ciò non sono solo locali. Attualmente il 70% dei rifiuti tessili prodotti in UE e in USA, infatti, finisce nei Paesi in via di Sviluppo (soprattutto l’Africa), dove essi vengono rivenduti (non donati, come pensa il comune cittadino!) a bassissimo prezzo, finendo per soppiantare l’economia tessile locale. La maggior parte dei capi che arrivano in quei Paesi sono di qualità scadente e parzialmente usurati: quindi finiscono a ingolfare le loro discariche, già interessate da grosse criticità, con pesanti ripercussioni ambientali, sociali e sanitarie.
Il nostro modello, al contrario, promuove una gestione (sostenibile ed etica) del rifiuto tessile lì dove esso viene prodotto e non sposta semplicemente il problema in un altro continente.
Infine, la nostra piattaforma permette di facilitare il lavoro anche di piccoli brand e artigiani, nonché di sartorie sociali, nell’approvvigionamento di materia prima seconda per realizzare prodotti circolari, includendoli più facilmente in catene di valore da cui è facile essere tagliati fuori. Inoltre, favorendo il recupero circolare dello scarto, promuoviamo lo sviluppo e la valorizzazione di competenze artigianali (la sartoria in particolare, ma non solo) e professionalità che si stavano dimenticando. Si tratta di nuovi posti di lavoro di qualità, che contribuiscono alla creazione di valore economico, senza basarsi sullo sfruttamento delle risorse ambientali.


Emma Togni

EMMA TOGNI

Emma Togni, Chief Marketing Officer TechSoup Italia, è un volto amico del Centro di Servizio per il Volontariato della provincia di Vicenza. “Think big, start small, learn fast” il suo motto.
Conta più di 7 anni di esperienza nel settore digitale come marketing manager, brand designer e project manager. Essere multipotenziale è una sorta di suo superpotere: proviene da un background umanistico, ama esplorare e fare sintesi di idee diverse. Alla fine, ha imparato che l’innovazione avviene sempre dall’intersezione di mondi solo apparentemente distanti. È in TechSoup dal 2016 e, insieme al suo team, cerca di generare un impatto positivo nel Non Profit, per il Non Profit.

Una seconda opportunità, per le tecnologie e per le persone. Il ricondizionamento dei device tecnologici non è solo un business, ma alimenta l’economia circolare messa in movimento e sostenuta sempre più dal terzo settore. Dal 2018 TechSoup raccoglie, grazie a partnership con aziende profit, pc, monitor, smartphone e altro hardware in disuso. Tutta la tecnologia viene messa a disposizione delle organizzazioni Non Profit registrate a techsoup.it a costi inferiori a quelli del mercato e con garanzia di qualità. Quanto “impatta” la vostra attività alla voce “sostenibilità” del dizionario della vita?

Il progetto di hardware ricondizionato interseca tre principi per noi fondamentali: accessibilità, economia circolare e partnership profit/non profit. Come impresa sociale siamo particolarmente sensibili che la tecnologia non sia concepita come un investimento ma diventi, grazie all’accessibilità economica, un asset strategico per le organizzazioni Profit. Abbattendo le barriere di accesso alla tecnologia potremmo agevolare anche il fiorire di una cultura digitale davvero democratica. In seconda battuta siamo sensibili al tema dell’economia circolare, affinché nessun prodotto tecnologico venga scartato o trattato come rifiuto ma riutilizzato davvero fino alla fine del proprio ciclo di vita. Il ricondizionamento permette questo, e garantisce di re-immettere sul mercato, per quanto ci riguarda, prodotti affidabili e di alta fascia. Da ultimo, non riusciremmo a fare tutto questo se non creando una rete di partnership con aziende profit che decidono di donare o cedere a costi irrisori i propri stack tecnologici. Si apre e si chiude un cerchio – di economia circolare, appunto – tra profit e Terzo Settore che ha come orizzonte l’impatto ambientale e sociale.

La sostenibilità è da sempre al centro delle vostre attenzioni e azioni? In che termini e progetti, oltre a quello menzionato?

Come accennato, TechSoup nasce nel 1987 con la missione proprio di rendere la tecnologia e il digitale accessibili e sostenibili per le organizzazioni Non Profit di tutto il mondo. Per noi questa diade – accessibilità e sostenibilità – non afferisce solo all’ambito economico ma ad una prospettiva integrale: crediamo infatti che la tecnologia sia davvero sostenibile quando il suo uso ha all’orizzonte la piena valorizzazione di una realtà Non Profit e sia in grado di generare valore, in ultima istanza, ai beneficiari finali di tale realtà. Una sfida complessa e che ha il proprio nucleo nella cultura digitale. Solo una cultura del digitale diffusa e democratica, che parte dai singoli operatori del Non Profit, potrà garantire che lo sviluppo del Terzo Settore sia davvero sostenibile, cioè in grado di valorizzare – oltre alla dimensione ecologica, economica e sociale – una quarta dimensione, ossia quella antropologica.

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